Altre 172 case per coloni

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PALESTINA. Approvate altre 172 case per coloni

 

18 giu 2014

 

Prosegue senza sosta la colonizzazione israeliana: il partito Meretz denuncia il nuovo piano di costruzione nell’insediamento di Har Homa, dopo le 3.200 abitazioni pianificate a inizio giugno.

 

 

 

La collina di Abu Ghneim, oggi occupata dalla colonia di Har Homa (Foto: Nena News)

 

dalla redazione

 

Gerusalemme, 18 giugno 2014, Nena News – Altre 172 case per coloni nei Territori Occupati. Come se a mettere una pietra sopra il debolissimo negoziato di pace lanciato da Washington lo scorso luglio non fosse bastata la colata di cemento annunciata dal governo israeliano all’inizio di giugno: 3.200 nuove abitazioni per coloni in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Né l’ininterrotta pianificazione, costruzione e allargamento degli insediamenti per un intero anno. Dopotutto il ministro dell’Edilizia israeliano, Uri Ariel (Casa Ebraica), lo aveva promesso a maggio: in cinque anni il numero di coloni nei Territori aumenterà del 50%.

 

Da tempo ormai Netanyahu grida accuse contro Ramallah, considerandola responsabile del fallimento del dialogo voluto dall’amministrazione Obama e portato avanti da un troppo ottimista segretario di Stato Kerry. Dimentica il mancato stop alle costruzioni coloniali, dimentica il mancato rilascio dei prigionieri palestinesi promesso a luglio. Ultima azione in ordine di tempo è stata annunciata oggi da un consigliere comunale di Gerusalemme, Yosef Pepe Alalu, del partito Meretz: “Il Comune ha approvato questa mattina la costruzione di 172 appartamenti a Har Homa”, insediamento tra Gerusalemme e Betlemme, costruito nel 1997 sulla collina di Abu Ghneim, luogo di ristoro e scampagnate per i palestinesi della zona e successivamente annesso ai confini di Gerusalemme con la costruzione del Muro.

 

“Si è giunti all’ultima fase prima della costruzione e questa è la continuazione di una politica che danneggia il processo di pace”, ha detto Alalu, contrario come il resto del partito Meretz all’avanzamento coloniale. Un avanzamento che Bibi e il suo governo ultranazionalista oggi giustificano con la nascita del governo di unità nazionale Hamas-Fatah (come giustificano con la scomparsa di tre coloni le durissime misure restrittive imposte in Cisgiordania in questi giorni). In realtà, come teorizzarono i padri fondatori dello Stato di Israele, “il nostro territorio finisce dove pianteremo l’ultimo albero”. Israele sa di avere a disposizione ancora del tempo per proseguire con l’occupazione fisica e l’annessione della Cisgiordania e non si fa scappare l’occasione di avanzare, per ora indisturbato, solo annoiato – forse – dai deboli appelli lanciati dal Palazzo di Vetro e dalla Casa Bianca.

 

Obama e Ban Ki-moon si dicono costantemente “preoccupati” dall’espansione coloniale israeliana, ma nella pratica nulla fanno per fermarla. L’ANP dice di volerci provare, portando la questione all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per strappare una risoluzione di condanna. Ma agli annunci per ora non seguono i fatti, probabilmente nel timore di perdere l’unica fonte di sostentamento, i finanziamenti esteri. Nena News

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