Sionismo: intrinsecamente razzista, violento ed espansionista

di Louis Allday

Orinoco Tribune, 17 giugno 2025

Concludendo l’introduzione alla sua opera del 1967 “Sulla letteratura Sionista”, lo scrittore e rivoluzionario palestinese Ghassan Kanafani osservò di aver completato il suo studio sulla base di un principio fondamentale: “Conoscere il Proprio Nemico”. Meno di cinque anni dopo, quello stesso nemico uccise lui e la nipote sedicenne, Lamis, in un’autobomba fuori dalla sua casa di famiglia a Beirut. La settimana successiva, agenti Sionisti inviarono lettere bomba a diversi altri importanti palestinesi che all’epoca vivevano in Libano, tra cui Anis Sayegh, l’uomo che, in qualità di direttore del Centro di Ricerca sulla Palestina dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) con sede a Beirut, aveva pubblicato “Sulla Letteratura Sionista”. Sayegh, che aveva anche scritto la prefazione al libro di Kanafani, fu gravemente ferito nell’attacco, ma sopravvisse miracolosamente.

Il Centro di Ricerca sulla Palestina era stato fondato nel 1965 dal fratello di Anis, Fayez Sayegh, appena un anno dopo la formazione dell’OLP stessa. Anticipando le opinioni di Kanafani, la proposta di Sayegh, che delineava le sue motivazioni per l’istituzione del Centro, aveva osservato analogamente che “conoscere il nemico è un processo parallelo alla conoscenza di sé”. Pertanto, fin dalla sua nascita, il Centro di Ricerca sulla Palestina ha posto un’enfasi significativa sullo studio della storia, dell’ideologia e delle pratiche del Sionismo, sia nelle sue attività di ricerca che nelle sue pubblicazioni. La prima monografia pubblicata, uscita nello stesso anno di fondazione del Centro, fu uno studio dello stesso Fayez Sayegh intitolato “Il Colonialismo Sionista in Palestina”. In questo libro conciso e perspicace, Sayegh sostiene che le tre caratteristiche distintive di ciò che definisce lo Stato Sionista di Insediamento sono: (1) la sua identità e condotta razziale, (2) la sua dipendenza dalla violenza e (3) la sua posizione espansionistica.

Razzismo: insito nell’ideologia Sionista

Sessant’anni dopo, nel mezzo del Genocidio in corso a Gaza e della dilagante violenza e dell’espansionismo Sionista in Cisgiordania, Libano, Siria e oltre, sarebbe un eufemismo definire l’opera di Sayegh e le sue conclusioni lungimiranti. Con notevole chiarezza, il suo libro demolisce una serie di miti dannosi sul Movimento Sionista e sulla Colonia di Insediamento da esso fondata, miti che purtroppo rimangono prevalenti a diversi decenni di distanza, persino tra coloro che si considerano sostenitori della Causa Palestinese.

Sfatando l’idea infondata che a un certo punto, dopo la sua istituzione, “Israele” sia diventato un’entità Razzista, Sayegh spiega come il Razzismo “non sia un tratto acquisito dello Stato Sionista di Insediamento. Né una caratteristica accidentale e passeggera della scena israeliana”, ma in realtà “congenito, essenziale e permanente, insito nell’ideologia stessa del Sionismo”. Individua poi tre appendici a cui questa esplicita identificazione razziale ha dato origine: “Autosegregazione Razziale, Esclusivismo Razziale e Supremazia Razziale”. Sono ovviamente queste caratteristiche a rendere l’espulsione forzata della popolazione nativa della Palestina, come tentato durante la Nakba, essenziale per la realizzazione del Progetto Sionista.

Sayegh esamina anche il trattamento riservato ai palestinesi che le forze Sioniste non sono riuscite a espellere durante la Nakba, fin dal momento della fondazione di “Israele”.

Egli sostiene che, attraverso la sistematica oppressione di questa popolazione interna, lo Stato Sionista di Insediamento abbia “imparato tutte le lezioni che i vari Regimi discriminatori degli Stati di Insediamento Bianchi in Asia e Africa possono insegnargli”. Delineando le molteplici misure oppressive, ufficiali e non ufficiali, che questi palestinesi hanno dovuto affrontare, misure che sono diventate sempre più crudeli e profondamente radicate nel corso dei sessant’anni trascorsi, Sayegh commenta che mentre “gli apostoli afrikaner dell’Apartheid proclamano sfacciatamente il loro peccato, i praticanti Sionisti dell’Apartheid in Palestina protestano con astuzia la loro innocenza”. L’uso esplicito di “Apartheid” da parte di Sayegh in questo caso è avvenuto sei decenni prima che diverse ONG occidentali decidessero di applicare questa etichetta che, se non altro, non riesce a catturare appieno il livello di Violenza, Razzismo e Odio che caratterizza il trattamento riservato dallo Stato Sionista ai palestinesi sotto la sua Occupazione.

Sionismo: Dipendenza da Violenza ed Espansione

Gli eventi successivi alla pubblicazione del libro di Sayegh offrono una cupa e decisa conferma della sua affermazione secondo cui lo Stato Sionista di Colonizzazione è dipendente dalla violenza. Dal 1965, ha perpetuato una serie letteralmente ininterrotta di atti violenti contro i palestinesi, troppo lunga per essere elencata qui. Questa violenza si manifesta in ogni forma immaginabile, e spesso inimmaginabile, che va dalla scala più Genocida e apocalittica che vediamo oggi a Gaza, ad atti quotidiani più ordinari ma insidiosi di aggressione, umiliazione, indegnità e Tortura psicologica in tutta la Palestina Occupata. Inoltre, i bersagli di questa violenza non si sono limitati ai palestinesi; nel corso della sua breve storia, lo Stato Sionista di Colonizzazione ha commesso anche molteplici aggressioni contro altri Stati della Regione, tra cui Libano, Siria, Giordania, Egitto, Yemen e Iran.

L’affermazione di Sayegh secondo cui Israele è di natura perpetuamente espansionista è stata parimenti confermata senza ombra di dubbio, poiché non solo ha costantemente ampliato il territorio sotto la sua Occupazione da quando ha scritto “Il Colonialismo Sionista in Palestina”, ma si è anche fermamente rifiutato, fino ad oggi, di dichiarare ufficialmente i propri confini. Infatti, l’intera storia di Israele non consiste altro che in un perpetuo espansionismo cinicamente mascherato da virtuosa ricerca di “confini sicuri”. Scrivendo appena due anni prima dell’Occupazione Israeliana della Cisgiordania (inclusa Gerusalemme), delle Alture del Golan, della penisola del Sinai e di Gaza durante la guerra del giugno 1967, Sayegh sosteneva con devastante lungimiranza che l’espansione “è il ‘lavoro incompiuto’ del Sionismo. Non può che essere la principale preoccupazione del Movimento Sionista e dello Stato Sionista, in futuro. Per lo Stato Sionista di Colonizzazione, il futuro significa prepararsi e impegnarsi per l’espansione territoriale”. Queste parole quasi profetiche mi balenarono in mente quando Israele lanciò un’immediata offensiva militare contro la Siria e si impadronì di un’ulteriore porzione del suo territorio dopo il rovesciamento del governo del Paese nel dicembre 2024. Questi eventi segnarono di fatto il culmine di una guerra multiforme condotta contro lo Stato siriano per oltre un decennio, di cui Israele fu un attore chiave.

Il destino toccato al Centro di Ricerca sulla Palestina stesso offre un’ulteriore e soprattutto diretta prova della tragicamente accurata lungimiranza di Sayegh. Dopo che il Centro fu saccheggiato indiscriminatamente dalle forze militari israeliane durante l’invasione del Libano nel 1982 e poi bombardato da un gruppo terroristico che agiva per conto di Israele l’anno successivo, fu costretto a chiudere e, come tante istituzioni e individui palestinesi di quell’epoca, lasciò Beirut per non farvi più ritorno. A questo punto è necessario soffermarsi sull’attacco israeliano a Beirut nel 1982, un Crimine che per molti versi prefigurava la sua Offensiva Genocida contro Gaza, iniziata nell’ottobre del 2023.

Nell’estate del 1982, Beirut Ovest fu circondata dalle forze israeliane, con acqua, carburante e cibo bloccati all’ingresso, e poi bombardata senza pietà da artiglieria, aerei e navi per settimane intere. Ospedali, enti di beneficenza, edifici residenziali, campi profughi, ambasciate, cliniche e alberghi furono tutti presi di mira e migliaia di civili libanesi e palestinesi furono Massacrati. La distruzione fu così totale che l’ambasciatore canadese in Libano dell’epoca, Theodore Arcand, disse che faceva sembrare “la Berlino del 1945 una festicciola”. L’assedio faceva parte di un più ampio assalto israeliano contro il Libano, così violento e distruttivo che la maggior parte dei membri di una commissione internazionale istituita per studiare le violazioni di Israele concluse che non solo l’invasione aveva comportato molteplici violazioni del Diritto Internazionale, ma costituiva anche di fatto “una forma di Genocidio”.

Sionismo: “Non è una preoccupazione solo dei palestinesi”

Sebbene il libro di Sayegh sottolinei che la liberazione della Palestina debba essere guidata dagli stessi palestinesi, egli afferma chiaramente che “il problema della Palestina non è una preoccupazione solo dei palestinesi”, poiché l’impegno di Israele all’espansione minaccia anche la sicurezza e l’integrità territoriale degli Stati arabi nel loro complesso. Questa comprensione del Progetto Sionista e della minaccia che rappresenta per l’intera Regione è stata avanzata e sviluppata da una serie di figure dopo Sayegh. Ad esempio, il martire Husayn Muruwwah, allora il principale ideologo del Partito Comunista Libanese, scrisse nel 1985 che:

“La Causa della Liberazione della Palestina è la base assoluta di tutte le lotte arabe. Quando ci riferiamo alla Causa Palestinese, potremmo benissimo riferirci a quella del Libano, o di qualsiasi altro Paese arabo, e viceversa. Quando parliamo della Resistenza libanese, potremmo benissimo riferirci alla Resistenza palestinese, e viceversa”.

Più recentemente, il martire Sayyid Hassan Nasrallah ha regolarmente sottolineato nei suoi discorsi e nelle sue analisi che Israele costituiva una minaccia esistenziale non solo per la Palestina e il popolo palestinese, ma di fatto per il Libano stesso e per i popoli del mondo islamico e arabo nella loro interezza.

Conoscere il nemico oggi

Sayegh conclude il suo eccellente libro affermando che, in quanto entità “animata da dottrine di Autosegregazione Razziale, Esclusivismo Razziale e Supremazia Razziale” che traducono tali dottrine in “pratiche spietate di Discriminazione e Oppressione Razziale”, i sistemi politici eretti dal Sionismo in Palestina devono essere riconosciuti come una minaccia per tutti coloro che sono “dediti alla salvaguardia e alla valorizzazione della dignità dell’uomo. Perché ogni volta e ovunque la dignità di un singolo essere umano viene violata, in ossequio al credo del Razzismo, si commette un peccato atroce contro la dignità di tutti gli uomini, ovunque”. È sconcertante leggere queste parole nel mezzo del Genocidio in corso a Gaza. Il sentimento e l’analisi di Sayegh si dimostrano dolorosamente corretti davanti ai nostri occhi ogni giorno.

Come Sayegh vide e comprese il suo nemico con tanta chiarezza sessant’anni fa, dobbiamo fare lo stesso oggi. Il Sionismo non è un movimento redenbile finito male; non è diventato una Potenza Occupante solo nel 1967, ma lo è intrinsecamente e ineluttabilmente. La sua brama di violenza estrema ed espansione è insaziabile e agevolata senza limiti o linee rosse da quella che Sayegh definisce la sua “associazione vitale e continua” con l’Imperialismo. Da quando Sayegh scrisse, lo Stato Sionista di Insediamento ha consolidato il suo ruolo di cane da attacco e avanguardia dell’Imperialismo Statunitense nell’Asia Occidentale. Il sostegno degli Stati Uniti a Israele, affermò senza vergogna Joe Biden nel 1986, “è il miglior investimento da 3 miliardi di dollari (2,6 miliardi di euro) che facciamo. Se non ci fosse Israele, gli Stati Uniti d’America dovrebbero inventarne uno per proteggere i propri interessi nella Regione”. La violenza di Israele, sebbene da alcuni descritta come contro la volontà degli Stati Uniti, è invariabilmente in linea con gli interessi e gli obiettivi strategici americani, offrendo al contempo una plausibile negazione del suo coinvolgimento. I recenti (e al momento in cui scrivo, in corso) attacchi israeliani contro l’Iran non fanno eccezione a questo fenomeno più ampio.

Coloro che sostengono che la pace con l’entità Sionista sia auspicabile, o addirittura possibile, negano la cruda storia e l’attuale realtà Genocida che li affligge. Non esiste una versione migliore o più accettabile di Israele che possa o potrà mai esistere. Netanyahu non è un caso isolato o non rappresentativo del tutto, ma di fatto la perfetta incarnazione del Razzismo, della Violenza e dell’Espansionismo che Sayegh comprese essere intrinseci al Sionismo oltre mezzo secolo fa, tratti sostenuti dalla stragrande maggioranza della popolazione dei coloni. Allora come oggi, l’unica soluzione giusta e duratura rimane il completo rifiuto, l’isolamento e l’eventuale sconfitta militare e smantellamento dello Stato-Colono Sionista. Rivedere il lavoro di studiosi autorevoli e di sani principi come Sayegh può aiutarci a mantenere questa certezza e a essere consapevoli della continuità storica che ciò rappresenta.

Traduzione a cura di Beniamino Rocchetto  per Invictapalestina.org