Al Mawasi è una stretta striscia di terra lungo la costa, che si estende per un chilometro in larghezza e per quattordici in lunghezza, dalla città di Khan Yunis fino quasi a Rafah, a ridosso del confine con l’Egitto. Prima della guerra ci abitavano circa seimila persone, soprattutto famiglie beduine, che vivevano di agricoltura e pesca. È stata circondata dagli insediamenti israeliani fino al 2005, quando l’allora primo ministro Ariel Sharon ordinò il ritiro dei coloni da tutto il territorio palestinese. All’inizio di dicembre, quando aveva cominciato a emettere ordini di evacuazione in varie parti della Striscia, Israele aveva designato 6,5 chilometri quadrati di questa terra sabbiosa e desolata come una “zona umanitaria sicura” dove potevano trasferirsi le persone costrette a lasciare le loro case per sfuggire ai bombardamenti. Ma chi è arrivato lì non ha trovato nessuna struttura di accoglienza né beni di prima necessità. C’era solo il terreno su cui piantare una tenda. Nei mesi successivi si sono riversate nella zona decine e centinaia di migliaia di persone. Alcune si sono poi spostate in altre zone della Striscia, altre ne sono arrivate e Al Jazeera riferisce che al momento del bombardamento del 13 luglio c’erano ammassati 80mila sfollati. Tra loro secondo Israele si nascondeva anche Mohammed Deif, bersaglio dell’attacco, la cui sorte è ancora incerta. Nome di battaglia di Mohammed Diab Ibrahim al Masri, Deif significa “ospite” in arabo, in riferimento alla sua capacità di sfuggire ai precedenti sette tentativi di uccisione di Israele spostandosi quasi ogni notte tra le case dei sostenitori di Hamas. Dopo aver trascorso 16 mesi in un carcere israeliano nel 1989, nel corso degli anni novanta Deif si è dedicato a pianificare attentati suicidi in Israele e in seguito ha contribuito a rafforzare la rete di tunnel e l’arsenale di razzi di Hamas nella Striscia di Gaza
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