Il colonialismo e l’apartheid dei coloni israeliani si basano sullo sterminio della popolazione indigena e sull’eliminazione della loro speranza di vivere liberamente. I giovani palestinesi rappresentano quella speranza.
Di Maren Mantovani 21 agosto 2023 , https://mondoweiss.net/2023/08/targeting-palestinian-children-is-necessary-for-israeli-settler-colonialism/
I bambini stanno tornando a scuola in Palestina. Alcuni troveranno la scuola in rovina, e ad altri mancheranno i compagni di scuola che avevano solo pochi mesi fa. Dall’inizio del 2023, Israele ha ucciso almeno 38 minori palestinesi, ne ha feriti quasi 1.000, mentre 160 si trovano nelle carceri israeliane. Dal gennaio 2000 sono stati uccisi 2.280 minori palestinesi.
Al di là dei numeri scioccanti e delle storie dolorose dietro ogni caso, c’è uno schema evidente nel prendere di mira i minori e l’infanzia palestinesi. Non si tratta di un effetto collaterale, ma piuttosto di una componente necessaria del progetto coloniale di insediamento e del regime di apartheid di Israele.
La ricerca di un’oppressione permanente Il colonialismo d’insediamento è, per definizione, un progetto a lungo termine di conquista territoriale che sostituisce la popolazione indigena con una popolazione di coloni. Perché questo scopo sia raggiunto, è fondamentale che il colonizzatore elimini la popolazione indigena o almeno la sua resistenza. Questa “logica di eliminazione” è un elemento centrale delle società coloniali di insediamento in tutto il mondo e include l’eliminazione genocida delle persone, la loro espulsione dalla terra e una pletora di strategie per destrutturare, frammentare e debilitare la società indigena. Mirano a garantire che la prossima generazione non resisterà più all’esproprio e all’oppressione e abbandonerà le rivendicazioni sui propri diritti. Per ogni generazione di indigeni ribelli, cresce l’attenzione delle potenze coloniali alla distruzione e/o il controllo dell’istruzione, dell’infanzia e del parto.
L’imposizione di un regime di apartheid è un tentativo di creare un regime coloniale permanente eliminando gli indigeni da determinati spazi e diritti. Tuttavia, i dirigenti del sistema di apartheid del Sud Africa avevano già capito che tale segregazione crea generazioni future ribelli, e non docili. Quando nel 1976 in Sud Africa fino a diecimila studenti protestarono, le forze dell’apartheid uccisero tra i 400 e i 600 studenti e iniziarono una brutale repressione contro minori e bambini. Tra il 1984 e il 1986, circa 11.000 minori, alcuni di appena nove anni, furono detenuti senza processo, maltrattati e torturati nelle galere sudafricane.
Il tentativo di Israele di uccidere la speranza palestinese Gli ideologi e i politici sionisti hanno sempre saputo che per creare lo Stato di Israele in terra palestinese era necessaria una strategia di eliminazione. Prima e subito dopo la Nakba del 1948, il 75-80% della popolazione palestinese che viveva sulla terra su cui fu fondato Israele fu espulsa, mentre centinaia di villaggi e comunità furono cancellati. Alcuni pensavano che questo sarebbe stato un motivo sufficiente perché i palestinesi rinunciassero ai propri diritti e se ne andassero. David Ben-Gurion, il primo Primo Ministro israeliano e leader del Partito Laburista, abbracciò la teoria secondo cui il tempo curerà tutto e tutto sarà dimenticato. Fin dall’inizio, Israele si è concentrato sull’”eliminazione” dei rifugiati palestinesi, inclusa la loro capacità di organizzare la lotta per il loro diritto al ritorno, sulla delegittimazione delle loro rivendicazioni e sulla loro dispersione.
Questo tentativo è tuttora in corso. Invece, una generazione dopo, il primo ministro israeliano Golda Meir ha dovuto riconoscere un’altro ostacolo fondamentale ai piani coloniali di insediamento israeliani, quando ha affermato: “Possiamo perdonare gli arabi per aver ucciso i nostri figli. Non possiamo perdonarli per averci costretto a uccidere i loro figli”. Chiaramente non sono i palestinesi a costringere il regime israeliano a uccidere i loro figli. Tuttavia, mentre Israele porta avanti il suo progetto coloniale e il suo regime di apartheid, dovrà continuare a prendere di mira i minori e l’infanzia palestinesi. Ze’ev Zabotinsky, il fondatore del movimento revisionista sionista, che rappresenta le radici ideologiche dell’attuale governo di destra, delineò questa logica coloniale quando scrisse nel 1923 che “Ogni popolazione nativa nel mondo resiste ai coloni finché ha la minima speranza di potersi liberare dal pericolo di essere colonizzati. Questo è ciò che stanno facendo gli arabi in Palestina, e ciò che persisteranno a fare finché rimane una solitaria scintilla di speranza”. (Mussolini disse di Jabotinsky: “E’ un vero fascista”, NdR). I bambini e i giovani palestinesi incarnano questa speranza. È al centro della lotta per la giustizia.
Strategie di eliminazione Durante gli anni ’90, il periodo del processo di Oslo ha rappresentato un momento di speranza israeliana che i palestinesi accettassero “volontariamente” una versione dell’apartheid del 21° secolo. Una pletora di progetti di normalizzazione volti a creare palestinesi docili erano rivolti soprattutto a bambini e giovani. Questa farsa si concluse con lo scoppio della Seconda Intifada. Da allora, le dichiarazioni e gli slogan genocidi dei leader politici e dei movimenti che promuovono l’uccisione dei bambini palestinesi sono diventati all’ordine del giorno. L’ex ministro israeliano della “Giustizia”, Ayelet Shaked, ha postato su Facebook l’infame messaggio che le madri palestinesi “dovrebbero andarsene”, insieme a “così come dovrebbero andare via da qui” le case fisiche in cui hanno allevato i loro serpenti. In altre occasioni, ha detto Shaked, “lì verranno allevati altri piccoli serpenti”. La folla nelle strade di Tel Aviv scandiva, durante il massacro di Gaza del 2014: “non c’è scuola domani, non ci sono bambini lì [a Gaza]”. Questa logica è condivisa dall’attuale Ministro israeliano del Patrimonio, che ha commentato il recente brutale bombardamento di Gaza, che ha ucciso due famiglie e tre bambini la prima notte, dicendo che “Siamo persone che non faranno del male a una mosca, ma se la mosca gli dà fastidio, bisogna uccidere la mosca e anche i suoi figli, se lei si nasconde dietro di loro”.
Non sorprende che i soldati israeliani stampino e distribuiscano t-shirts raffiguranti donne palestinesi incinte nel mirino di un fucile di precisione e con la didascalia “1 colpo, 2 uccisioni”, o un bambino palestinese nel mirino con la disascalia “più è piccolo, più è difficile.” Sebbene nella società israeliana resti un consenso sul fatto che i palestinesi debbano essere “eliminati”, la profonda spaccatura che si è recentemente aperta all’interno della società riguarda proprio le modalità con cui farlo. L’ala più “liberale” della politica israeliana, compreso il consigliere di diversi governi israeliani, l’accademico Arnon Sofer, sostiene che l’unico modo per eliminare la “minaccia demografica” – cioè i tassi di natalità palestinesi e la crescita della popolazione – è attraverso la “separazione”. il che significa isolare i palestinesi in Cisgiordania e Gaza dietro i muri dell'apartheid israeliano. In effetti, il muro di separazione è stato il frutto di un’idea di leader laburisti come Shimon Peres e Ehud Barak. Poiché questo tipo di “ingegneria demografica” comporta la rinuncia a una parte della terra palestinese che Israele rivendica – al fine di radunare i palestinesi all’interno dei bantustan chiusi – è sempre stato contrastato dai sionisti di destra. I politici israeliani di estrema destra propongono la forza violenta e l'espulsione. Basandosi sui principi di Jabotinsky, il ministro delle Finanze e ministro della Difesa israeliano, Bezalel Smotrich, prevede nel suo “Piano decisivo” modi per “porre fine alla speranza araba di realizzare le ambizioni nazionali nella Terra di Israele”. Questo piano richiede che solo una popolazione abbia speranza e un futuro: il resto dovrà essere soggetto ad un’estrema brutalità. Moshe Feiglin, ex vicepresidente del parlamento israeliano, ha proposto l’espulsione di tutti i palestinesi da Gaza e il bombardamento di coloro che non vogliono andarsene. Mentre i palestinesi continuano ad esistere e a resistere, Israele è sempre più disperato e violento nella sua strategia di eliminazione e di attacchi contro i bambini palestinesi. È giunto il momento di acquisire una chiara comprensione di questo aspetto orribile della politica israeliana e di costruire un’efficace solidarietà internazionale per porvi fine e chiedere conto ai responsabili.
Traduzione a cura di Claudio Lombardi, Associazione di Amicizia Italo-Palestinese
Vedi anche: Terrorizzati dai coloni, palestinesi abbattono le proprie case e fuggono dal loro villaggio https://www.amiciziaitalo-palestinese.org/index.php?option=com_content&view=article&id=7448:terrorizzati-dai-coloni-palestinesi-abbattono-le-proprie-case-e-fuggono-dal-loro-villaggio&catid=25&Itemid=75
"Lo Stato di Israele nega completamente la nostra esistenza", ha dichiarato Mohammed Haseen, rappresentante dei residenti. "Distruggono le nostre case, ci negano l'elettricità e ci dicono persino che demoliranno la nostra scuola elementare. Sulla montagna di fronte al villaggio, possiamo vedere le grandi case fatte di cemento che appartengono ai coloni. Possiamo vederli dalle nostre tende e dalle nostre case fatte di rifiuti. Possiamo vedere che ricevono elettricità e acqua e tutto ciò che vogliono dallo stato".
"I coloni hanno installato rulottes su quattro colline della zona, hanno pecore su ogni collina, e ci cacciano con la forza dai nostri pascoli, ci impediscono di guadagnare e attaccano il nostro villaggio. Quando arriva l'esercito, i soldati stanno con loro [i coloni] e arrestano solo i palestinesi. È così che ci hanno strappato dalla nostra fonte di reddito e distrutto la nostra comunità".