A fronte di una comunità ebraico-francese in gran parte di destra e sionista, Tsedek! sostiene una visione decoloniale per combattere il razzismo di stato in patria e in Israele-Palestina.
Di Natasha Roth-Rowland (2), 14 agosto 2023 https://www.972mag.com/tsedek-french-jews-anti-sionism/
"Finché lo stato è razzista e colonialista, noi ebrei non dovremmo fare affidamento su di esso per la nostra protezione e il nostra libertà". Che questa affermazione possa facilmente essere riferita ad Israele, ma in realtà si riferisca alla Francia, non è un caso. Lo ha pronunciata un membro di Tsedek!, collettivo decolonialista franco-ebraico, durante un'intervista con +972. Il gruppo, che ha lanciato il suo manifesto all'inizio di quest'anno, applica la sua impostazione antirazzista e anticolonialista sia alla Francia che a Israele-Palestina, come parte di un "progetto politico globale di giustizia per tutti".
In un paese in cui la comunità ebraica è prevalentemente filo-israeliana e dove le critiche all'occupazione sono quasi inesistenti, Tsedek! Intende indic are un nuovo percorso. Il gruppo - il cui nome deriva dalla parola ebraica per "giustizia" o "rettitudine" - rifiuta i tentativi in Francia di rappresentare il sionismo come in qualche modo compatibile con le lotte antirazziste e di liberazione, sotenendo, come dichiara il loro manifesto, che "la voce di un ebreo antirazzista non può che essere antisionista”.Tsedek! si distingue anche per la sua contemporanea attenzione all'oppressione francese nei confronti delle comunità nere e arabe, molte delle quali provengono dai paesi colonizzati dalla Francia. " c'è un dichiarato interesse nel legare entrambi questi obiettivi - il razzismo di stato in Francia e l'apartheid in Israele-Palestina - e farlo come ebrei", ha detto Deborah Leter, franco-americana con sede a Parigi dove sta facendo il dottorato. Sebbene un veterano gruppo franco-ebraico di sinistra, l'Union Juive Française pour la Paix, lavori anche per opporsi all'oppressione in entrambi i paesi, esso rimane principalmente noto come gruppo di solidarietà verso i palestinesi, ha detto Leter.
L’aspettativa di Tsedek! è di diventare il maggiore gruppo del suo genere in Francia – aprendosi ad una più ampia coalizione con altri gruppi oppressi, guidata da "una politica antirazzista che deriva dal nostro ebraismo", queste le parole di Simon Assoun, un socio Tsedek!, insegnante la cui famiglia è originaria dell'Algeria.
Tuttavia, quella che incombe su gran parte del lavoro di Tsedek! è la minaccia di essere accusati di antisemitismo: sia gli eventi gravi che hanno fatto notizia in Francia e in tutto il mondo negli ultimi anni, sia la loro strumentalizzazione per tacitare le critiche a Israele. I membri dell'organizzazione sono ben consapevoli di questi aspetti e sono determinati a combattere l'antisemitismo come parte integrante della lotta antirazzista. Deborah Leter di Tsedek!
Nella predisposizione dei propri interventi il gruppo capisce che deve prima abbattere quella che Assoun chiama la "mentalità d'assedio" della comunità ebraico-francese. E per Nadav Joffe, membro di Tsedek!che ha vissuto sia in Israele che in Francia gran parte di quel’impegno consiste nello sradicare le paure dicui sono preda gli ebrei francesi.La paura "non dovrebbe essere il motore del tuo orientamento politico", ha detto Joffe a +972. “C'è qualcosa nella paura che costituisce l’alimento alla politica all'interno delle comunità ebraiche e che dobbiamo affrontare. Ed è molto difficile
Parlateci di Tsedek!
Simon Assoun: Tsedek! è nato da componenti di UJFP e altri attivisti ebrei. L'UJFP era l'unica organizzazione ebraica in Francia con una impostazione decolonialista, che combatteva contro il sionismo, sosteneva i diritti dei palestinesi e che aveva politiche antirazziste, ad esempio, contro la violenza della polizia francese e contro l'islamofobia. Aveva anche una attenzione specifica sull’antisemitismo, perché la lotta all’antisemitismo è stata strumentalizzata e dirottata dalla classe politica in Francia. L’antisemitismo viene utilizzato come pretesto per riaffermare l'autorità dello Stato, legittimare politiche razziste e repressive e combattere la sinistra e il movimento antirazzista. L'idea è quella di avere un collettivo che possa riunire tutte le nostre energie in un gruppo che potrebbe essere più grande dell'UJFP in quanto confluenza dalla solidarietà verso i palestinesi con una politica antirazzista che deriva dal nostro ebraismo.
Deborah Leter: Un altro motivo per cui c'era il desiderio di qualcos'altro era avere qualcosa di un po' più dinamico, un po' più giovane. C'è un divario generazionale: Tsedek! è per lo più costituito da giovani; non è chiuso a nessuno, ma capita che sia un gruppo di attivisti più giovani che sono anche molto concentrati sul razzismo in Francia, e non solo in Israele-Palestina. C'è un vero interesse nel combinare entrambi questi obiettivi e farlo come ebrei.
Perché era importante per voi, come gruppo ebreo, adottare un'identità decoloniale?
DL: Nel contesto francese, ed in generale, è molto controverso usare la parola "decoloniale". Anche parlare di postcolonialismo non è qualcosa di realmente assimilato nel quadro politico francese; siamo circa 30 anni indietro rispetto al Regno Unito e agli Stati Uniti. Quindi dire che stai adottando una posizione decoloniale ti distingue dal più ampio movimento e discorso antirazzista. È un modo per riconoscere che le eredità coloniali continuano nel presente e che sono alla radice del razzismo sistemico, e che la lotta antirazzista deve prendere in considerazione le radici coloniali del razzismo contemporaneo. È anche un modo per mostrare la nostra solidarietà al movimento decoloniale francese, composto principalmente da comunità nere e arabe, e sicuramente non da comunità ebraiche. Ci sono organizzazioni ebraiche di sinistra in Francia che affermano di essere antirazziste, ma non affermano di essere decoloniali, in parte perché respingono il movimento decoloniale in Francia e lo considerano antisemita, in parte a causa del suo sostegno ai diritti dei palestinesi. Quindi è anche una scelta politica da parte nostra affermare di essere parte di questo movimento più ampio che include altre minoranze. Fa parte del nostro discorso: anche se affrontiamo esperienze diverse, siamo stati tutti "alterati" dallo stato francese. La Francia possiede ancora alcune forme di colonie nel mondo governate con metodi neocoloniali. Quindi, quando ci identifichiamo come decoloniali, inviamo un messaggio di solidarietà contro il neocolonialismo francese.
SA: Gli ebrei in Francia non hanno la stessa storia degli ebrei negli Stati Uniti. Oggi, il sionismo è molto importante nelle comunità ebraiche francesi. La loro identificazione con Israele ha un grande peso sulle loro relazioni con altri gruppi vittime del razzismo, e vengono strumentalizzate dallo stato francese contro queste altre minoranze.
DL: Qualcosa di interessante nella comunità di sinistra franco-ebraica è l'idea che "possiamo essere ebrei, antirazzisti e sionisti" e che il sionismo sia in realtà un'ideologia di liberazione che non viene propriamente intesa come tale. Pongono le richieste decoloniali delle comunità nere e arabe in Francia sullo stesso livello del desiderio di autodeterminazione ebraica realizzata in Israele e cercano di legittimare il sionismo in quel contesto. In quanto antirazzisti, noi [Tsedek!] non possiamo sostenere uno stato etnonazionalista, e la nostra visione per la sicurezza, la liberazione e l'autodeterminazione ebraica non ha bisogno di avvenire attraverso uno stato razzista che perpetua l'oppressione su un'altra comunità.
Cosa c'è di specifico nelle politiche coloniali della Francia nei confronti di ebrei e musulmani che rende così importante per te respingere quella interpretazione del sionismo?
Nadav Joffe: Il passo più chiaro è guardare al Decreto Crémieux [una legge del 1870 che garantiva la cittadinanza francese alla maggior parte degli ebrei dell'Algeria governata dai francesi, mentre negava la stessa ai musulmani]. Gli ebrei francesi avevano uno status specifico sotto il dominio coloniale, che li separava dalle loro società, specialmente in Nord Africa.
SA: La maggior parte degli ebrei in Francia sono sefarditi e provengono dal Nord Africa, quindi sono stati soggetti alla colonizzazione francese e al razzismo. A loro è stato assegnato un posto specifico nelle relazioni sociali di razza. È importante capire questa storia, come ha plasmato l'ebraismo francese e come le relazioni con altre minoranze razziali sono segnate dal colonialismo francese fino ad oggi. Sono marchiati anche dal sionismo e dallo Stato di Israele, che fa parte dello stesso mondo della modernità occidentale. Crediamo che sia dannoso per gli ebrei separare la lotta contro l'antisemitismo da quella contro tutte le forme di razzismo, [anche] in Francia e in Israele. Gli attori politici che accettano questa impostazione fuorviante sono o reazionari o hanno una scarsa comprensione delle relazioni sociali e dei meccanismi politici che producono e riproducono l'antisemitismo.
Il sionismo e il colonialismo israeliano si rivolgono agli ebrei di tutto il mondo. Domani posso andare in Israele, ottenere la cittadinanza, stabilirmi lì, forse in un appartamento che apparteneva a una famiglia palestinese. È una questione di responsabilità, di strategia e di politica. La causa palestinese è importante nella lotta contro il razzismo, in particolare tra la popolazione araba e musulmana, e se vogliamo costruire l'unità dobbiamo mettere sul tavolo ogni questione – e Israele-Palestina è una questione molto grande.
Nadav Joffe di Tsedek! La nostra voce ebraica è anche molto importante contro la propaganda israeliana, perché ci permette di smontare la tesi secondo cui tutti gli ebrei sono filo-israeliani e che essere contro Israele è antisemita.
Nel vostro manifesto parlate di come il sionismo "è diventato un'estensione del giudaismo, persino la sua incarnazione" a "trasformato [ndr] il discorso religioso in discorso nazionalista". Pensi che, almeno in Francia, questa dinamica sia stata ulteriormente rafforzata dalla sacralità della laicità nel Paese?
NJ: La laïcité francese, o laicità, non è la stessa per minoranze diverse: non colpisce gli ebrei allo stesso modo dei musulmani, specialmente oggigiorno quando l'islamofobia è un progetto statale. SA: Gli ebrei sono stati costretti a secolarizzarsi ai tempi di Napoleone, e per gli ebrei nordafricani dalla colonizzazione francese. Il sionismo divenne un marcatore di identità molto forte per gli ebrei dopo la seconda guerra mondiale e intorno alla guerra dei sei giorni [1967]. Per molti è un modo per riscoprire la dignità che ci è stata tolta dall'Olocausto e dalla storia coloniale. Ma per noi questa dignità è impossibile, perché si ottiene attraverso la colonizzazione e l'oppressione di un altro popolo. Credo che il sionismo sia un modo per gli ebrei di diventare come il loro oppressore: è inconscio, ma è questo il punto.
Che ruolo speri di ritagliarti per Tsedek! nella lotta antirazzista in Francia?
DL: Uno dei nostri contributi chiave è dire che non dovremmo eccezionalizzare l'antisemitismo. Dobbiamo guardare alle cause profonde del razzismo, della supremazia bianca, del nazionalismo e avere una lotta unita e non una strategia in cui gli ebrei sono nel loro angolo a combattere l'antisemitismo, mentre i neri e gli arabi sono in un altro angolo a combattere il razzismo postcoloniale.
Protesta contro il disegno di legge francese sulla sicurezza che vieterebbe le riprese della violenza della polizia, Parigi, Francia, 30 gennaio 2021. (Jeanne Menjoulet/CC BY 2.0)
In quanto ebrei, questo è insolito: anche all'interno dei movimenti antirazzisti ebraici di sinistra oggi, c'è ancora l’attenzione centrale sull'antisemitismo. Non puoi toccare il ricordo dell'Olocausto e non appena inizi a metterlo in parallelo con altre forme di violenza di stato, viene visto come un attacco agli ebrei, quasi antisemita. Stiamo cercando di presentare una prospettiva diversa, vale a dire che molti gruppi sono stati vittime della violenza di stato in Francia. Questo non è affatto per minimizzare l'Olocausto, o ciò che i nostri antenati hanno sofferto, è più per dire che non possiamo agire come se oggi in Francia lo stato non stesse producendo nuove forme di razzismo e persecuzione. Pochi giorni fa c'è stata la commemorazione nazionale per il rastrellamento del Vel d'Hiv in Francia(1), ed è stato un altro esempio di doppio standard nel commemorare la passata violenza razzista di stato ma chiudendo gli occhi su come lo stato sta perpetuando la violenza oggi. Vogliamo sottolineare questo come ebrei e vogliamo imparare dal passato per impedire la continua attuazione del razzismo di stato oggi.
NJ: Dobbiamo anche pensare agli ebrei in Francia, perché anche loro sono vittime del razzismo di stato e delle organizzazioni sioniste. I giovani ebrei sono messi in una trappola mentale sionista che gli bisbiglia: "sei diverso, ti odiano, devi essere separato, devi stare attento". Come molti ebrei ero soggetto a questa soggezione, ed è importante per noi cercare di parlare a quelle comunità ebraiche e dire che anche se hai paura, non significa che la paura sia legittima e non dovrebbe essere il motore per il tuo orientamento politico. C'è qualcosa nella paura che alimenta la politica all'interno delle comunità ebraiche e che dobbiamo affrontare. Ed è molto difficile. Hai lanciato Tsedek! durante un periodo tumultuoso in Israele-Palestina – tra la formazione del governo israeliano più di estrema destra di sempre, i pogrom dei coloni e le cosiddette “proteste a favore della democrazia” che hanno scosso il Paese per mesi. Come ha reagito la comunità ebraico-francese a questo momento? E qual è la posizione di Tsedek! sulle proteste israeliane, se ne hai una?
NJ: Le organizzazioni franco-ebraiche sono molto, molto attente su questo argomento. Non si sentono a loro agio. La comunità ebraica in Francia è molto diversa da quella degli Stati Uniti. Non c'è una posizione radicale in Francia contro la revisione giudiziaria, solo risposte molto timide.
DL: Confrontando quello che è successo negli Stati Uniti con quello che stava succedendo qui, è notte e giorno. Negli Stati Uniti, anche i sionisti liberali dicevano che [la revisione giudiziaria] è troppo. Qui ci sono stati alcuni dibattiti sulla televisione nazionale e uno o due articoli sui giornali, ma non c'era nemmeno [nessuna discussione] sulla necessità di “difendere la democrazia” [in Israele]. C'è questa idea in Francia che se critichi Israele, stai minacciando gli ebrei francesi. È quasi ovvio che l'antisionismo è antisemitismo: la convinzione è che stai mettendo a rischio fisico gli ebrei francesi se critichi Israele in qualche modo. Quindi le persone non lo fanno.
NJ: I sionisti liberali hanno cercato di salvare la faccia prendendo le distanze da quelli che definiscono i "cattivi" — i kahanisti, l'ala destra, il centrodestra — e i media e la società francesi accettano questo discorso, soprattutto perché crea un confine tra religioso e laico. In Francia è molto comodo dire "i cattivi indossano la kippah". Ma se ti immergi più a fondo nelle proteste e nella revisione giudiziaria, vedi che non si tratta di religione: si tratta di nazionalismo, si tratta di annessione, si tratta di privare i palestinesi e le minoranze dei diritti. La nostra posizione in Tsedek! è che il movimento nelle strade di Tel Aviv, Gerusalemme e Haifa è un movimento per la "democrazia ebraica" - non per la democrazia. Siamo solidali con tutte le organizzazioni in Israele che stanno cercando di iniettare nel movimento le questioni dell'apartheid e dell'occupazione. Ma siamo molto chiari sul fatto che questo movimento, come tutto in Israele, è alimentato dal militarismo, dal razzismo e persino dal razzismo intra-ebraico. Sosteniamo [il movimento di protesta], ma non siamo ingenui riguardo alle forze dietro di esso.
SA: Gli ebrei francesi oggi sono in gran parte filo-israeliani, e anche molto di destra, perché la situazione ideologica e politica è di destra. C'è una grande negazione e ignoranza tra molti ebrei [in Francia] della realtà in Palestina. Questo perché c'è molta propaganda israeliana e la principale organizzazione ebraica in Francia [CRIF] ripete questa propaganda più e più volte. Penso che gli ebrei francesi siano, nella loro mente, come gli ebrei israeliani: hanno una mentalità da assedio. In Francia, come in molti paesi occidentali, la lotta contro l'antisemitismo è minata dal continuo confondere le critiche a Israele con il pregiudizio antiebraico, anche se continuano a verificarsi episodi di violento vero antisemitismo. Puoi guidarci attraverso questo nel contesto francese e parlare di come Tsedek! si posiziona su questo fronte?
DL: Ci preoccupa il modo in cui l'antisemitismo viene considerato nel discorso dominante - dallo stato e dal cosiddetto establishment ebraico – e cioè che il problema numero uno sono l'estrema sinistra e gli islamisti, e che il "nuovo antisemitismo" degli anni 2000 è la più grande minaccia per gli ebrei. Stavo solo esaminando il più recente studio dell'American Jewish Committee sull'antisemitismo in Francia, in cuiidentificano l'odio per Israele come la causa numero uno dell'antisemitismo. È uno studio problematico, perché intervistano tre gruppi: ebrei, la popolazione francese "generale" e musulmani. Hanno un'intera sezione sulle percezioni musulmane degli ebrei, ma non ce l'hanno per le percezioni cattoliche sugli ebrei, per esempio. Hanno presentato lo studio all'assemblea nazionale francese e poi i politici hanno fatto girare queste statistiche. Quindi siamo preoccupati per il crescente silenzio [della minaccia] dell'estrema destra, dei neonazisti, delle teorie del complotto - tutte queste forme di discorso e violenza antisemita provenienti da segmenti della sfera politica francese che ora non sono più visti come abbastanza minacciose, e ciò consente la loro normalizzazione. Lo si vede nel discorso del governo: Marine Le Pen [ex leader del partito di estrema destra Raduno Nazionale] ora è considerata quasi meno minacciosa per gli ebrei che non [politico di sinistra] Jean-Luc Mélenchon.
SA: La strumentalizzazione della lotta contro l'antisemitismo produce antisemitismo e ci rende ciechi di fronte all'ascesa dell'estrema destra e all'antisemitismo che ne consegue. L'antisemitismo nelle popolazioni musulmane e arabe – perché di questo si parla spesso – è prodotto principalmente dal peso della storia coloniale in Nord Africa, e dalla situazione in Palestina. Per combattere queste forme di antisemitismo - che esistono, non stiamo dicendo che non ci sia antisemitismo tra queste popolazioni - abbiamo bisogno di un progetto politico globale, antirazzista e antimperialista.
C'è qualcosa di cui non abbiamo discusso che pensi che abbiamo trascurato?
NJ: Sentiamo spesso che è antisemita dire che tutti gli ebrei sono responsabili di ciò che sta accadendo in Palestina. Siamo d'accordo che questo è falso, e lo sentiamo sempre di più da gruppi di sinistra. [Eppure] pensiamo di avere la responsabilità di cambiare ciò che sta accadendo lì, perché la nostra voce è due volte più forte delle altre voci. È molto più difficile zittirci rispetto a persone che non si identificano come ebree. Perché la "pace" saudita-israeliana cementerà un futuro violento. Come il rifiuto di massa dell'esercito sta costringendo gli israeliani a ripensare le loro linee rosse. A Gaza, soddisfare i bisogni primari è parte integrante della nostra liberazione. Per quanto riguarda il razzismo in Francia, penso sia importante capire che lo status degli ebrei in Francia è temporaneo e condizionato, ed è per questo che dobbiamo costruire solidarietà con altri gruppi oppressi, [specialmente] quelli che sono meno privilegiati
DL: Vogliamo presentare una voce ebraica che dica che parlare dell'apartheid israeliano non è antisemita. Questa è la cosa numero uno che impedisce alla sfera politica in Francia di avere un dibattito su ciò che sta realmente accadendo in Israele-Palestina. Lo abbiamo visto di recente nel dibattito in parlamento sulla proposta di risoluzione del partito comunista contro l'apartheid israeliano. È stato sorprendente vedere che a destra, e tra la maggior parte dei partiti di sinistra, il discorso dominante era che la risoluzione fosse antisemita e che Israele avesse bisogno di essere protetto. In Francia spesso ci si concentra sul lasciare parlare le persone più colpite, invece di parlare per loro. Quindi vogliamo usare la nostra identità di ebrei per portare avanti l'argomento secondo cui parlare di apartheid significa parlare di diritti umani e diritti dei palestinesi, e non è antisemita. Stiamo cercando di normalizzare questo discorso come proveniente dalla comunità ebraica, e non solo da altri movimenti antirazzisti o movimenti di solidarietà palestinese. Per lo stato francese, è una minaccia per gli ebrei e le altre minoranze il fatto di lavorare insieme: fa parte della mentalità coloniale. È a loro vantaggio mantenerci divisi e vogliamo lavorare contro questo.
NJ: Non dovremmo aspettarci nulla da uno stato che applica ancora politiche razziste e imperialiste in tutto il mondo, che ha stazioni militari in tutti i continenti, che uccide i bambini per strada e non offre giustizia. Finché lo stato sarà razzista e colonialista, noi ebrei non dovremmo fare affidamento su di esso per la nostra protezione e il nostro benessere.
(2) Natasha Roth-Rowland ha svolto la tesi di dottorato sulla storia dell'estrema destra ebraica in Israele-Palestina e negli Stati Uniti, trascorso diversi anni in Israele-Palestina e ora vive a New York.
(1) Il rastrellamento del Vel' d'Hiv' di famiglie ebree straniere da parte della polizia francese per volere delle autorità naziste ebbe luogo a Parigi il 16 e 17 luglio 1942. Secondo i registri della Prefettura furono arrestati 13.152 ebrei, tra cui più di 4.000 bambini (NdR)
Traduzione a cura di Claudio Lombardi, Associazione di Amicizia Italo Palestinese