Israele continua a bloccare il passaggio di forniture mediche vitali a Gaza

Middle East Monitor, 15.02.2023

Alcuni importanti professionisti del settore medico e un avvocato statunitense hanno scritto una lettera aperta per sottolineare che le autorità di occupazione israeliane continuano a bloccare il passaggio di forniture mediche vitali alla Striscia di Gaza assediata. Si tratta, a loro dire, di una "punizione collettiva" nei confronti dei palestinesi dell'enclave costiera. La lettera è stata inviata inizialmente a una rivista medica, che aveva pubblicato lettere simili e non ha risposto ai firmatari. Questo, secondo i firmatari, è un "preoccupante segno di negligenza" nei confronti della questione.

La Striscia di Gaza è sottoposta a un blocco imposto da Israele e dai suoi alleati da diciassette anni. Il territorio è stato descritto dall'allora primo ministro britannico David Cameron come un "campo di prigionia". Era il 2010 e da allora la situazione è peggiorata per i 2,4 milioni di palestinesi di Gaza.

Di seguito il testo completo della lettera:

Il Ministero della Salute (MoH) nella Striscia di Gaza lotta con gli effetti cumulativamente deleteri dell'assedio di Israele su Gaza imposto dal 2006. Nel 2022, la consegna di forniture mediche essenziali agli ospedali pubblici e privati, sottoposti a forti pressioni, è stata negata o ritardata. Ciò ha riguardato, ad esempio, l'importazione di macchine a raggi X, strumenti di calibrazione per mammografie, cateteri interventistici, monitor video digitali e unità mobili di imaging per chirurgia generale e ortopedia. Tutti questi prodotti richiedono il permesso israeliano per essere rilasciati dai fornitori in Cisgiordania e consegnati alla Striscia di Gaza attraverso il confine controllato da Israele. Il Ministero della Salute stima che circa il 50% dei pazienti della Striscia di Gaza sia stato colpito dalla mancanza di attrezzature mediche.

Storicamente, Israele ha mantenuto una scarsità "controllata al di sotto del fabbisogno" di medicinali e forniture di laboratorio a Gaza, anche quando questi sono stati donati a titolo di beneficenza. Il recente comunicato stampa del Ministero della Salute ha sottolineato che l'inasprimento del blocco israeliano aggrava i problemi di scarsità cronica e di incertezza che il Ministero deve affrontare e mette a rischio la pianificazione e la fornitura dei servizi.

Questa situazione porta i pazienti a cercare diagnosi e cure speciali al di fuori della Striscia di Gaza. Secondo il rapporto delle Nazioni Unite del 2022, 2.067 pazienti hanno chiesto di essere curati al di fuori di Gaza in ospedali specializzati in Cisgiordania e Gerusalemme, e 868 richieste (42%) sono state ritardate o respinte. I pazienti affetti da cancro, malattie cardiache, ictus e fratture complesse devono affrontare un duro destino a causa dei ritardi nell'ottenimento di test diagnostici e nell'inizio del trattamento, compreso l'intervento chirurgico. A dieci pazienti, tra cui un bambino, è stata negata l'uscita urgente per cure potenzialmente salvavita e sono morti dall'inizio del 2022.

In quanto potenza occupante che controlla la vita dei palestinesi, Israele continua a non rispettare gli obblighi previsti dal diritto umanitario internazionale per garantire i diritti fondamentali all'assistenza sanitaria della società gazanese.

Questo avviene "normalmente ed è una pratica politica anche in tempo di pace" da quasi 17 anni. La continuità delle misure collettive afflittive, la durata e l'intenzionalità del "sistema", in punto di diritto sancisce il crimine di punizione collettiva - un crimine di guerra1 - e implica la responsabilità degli Stati nella sua prevenzione.

Il sistema criminale del blocco di Gaza deve essere eliminato in tutti i campi.

Recentemente e in modo evidente, alcuni partiti politici e singoli parlamentari della nuova Knesset israeliana sono pronti a spingersi oltre, manifestando addirittura intenzioni genocide e minacciando di radere presto al suolo Gaza.

Nel frattempo, le misure di punizione collettiva sono state intensificate in tutti gli altri territori palestinesi, compresi gli sgomberi, la demolizione di abitazioni, gli sfollamenti, la detenzione arbitraria, la punizione dei prigionieri, la distruzione dei raccolti e dei terreni agricoli e l'impedimento ai medici e alle ambulanze di assistere i feriti. Tutti questi atti sono basati sull'etnia e rientrano nella definizione di punizione collettiva.

L'impunità israeliana continua a essere sostenuta dalla vergognosa inazione della comunità internazionale in questa situazione. Questo schema non è stato e non sarà cambiato dalle parole di condanna, ma richiede azioni concrete per rimuovere il blocco di Gaza e proteggere le vite dei palestinesi. In caso di punizioni collettive, tutti gli Stati hanno il mandato di agire con tutti i mezzi a disposizione.

Nel frattempo, come professionisti della salute e del diritto, il nostro dovere è quello di presentare i fatti di cui siamo testimoni e il paradigma in cui si inscrive la sofferenza della popolazione di Gaza.

Il contenuto di questo articolo è stato presentato a una rivista medica, ma non è stato accettato per la pubblicazione, un segno preoccupante di negligenza.

 

 

Riferimenti

1- La punizione collettiva è una punizione o una sanzione imposta a un gruppo per atti presumibilmente perpetrati da un membro di quel gruppo, che potrebbe essere un gruppo etnico o politico, o semplicemente la famiglia, gli amici e i vicini dell'autore del reato. Le punizioni collettive sono vietate dai trattati sia nei conflitti armati internazionali che in quelli non internazionali, in particolare dall'articolo 3 delle Convenzioni di Ginevra e dal Protocollo aggiuntivo II. L'attuale blocco di Gaza è stato criticato dal Comitato internazionale della Croce Rossa, in un rapporto delle Nazioni Unite, e da varie altre organizzazioni come una punizione collettiva contro i palestinesi. Le Nazioni Unite condannano i "crimini di guerra" a Gaza" BBC News. 16 settembre 2009.

 

Gli autori:

Paola Manduca, dottore di ricerca, genetista in pensione, Università di Genova, Italia.

Vittorio Agnoletto, medico, Università di Milano, Italia

Swee Ang, medico, chirurgo ortopedico consulente, ex consulente delle Nazioni Unite e dell'OMS a Gaza e negli OPT (1988 e 1989).

Andrea Balduzzi, Ricercatore in pensione, Università di Genova, Italia

Ireo Bono, medico, oncologo in pensione, Savona, Italia

Francis Boyle, Avvocato, USA

Franco Camandona, medico, Ginecologia e Ostetricia, E.O. Ospedali Galliera, Genova, Italia

Iain Chalmers, Dipartimento di cure primarie, Università di Oxford, Regno Unito

Carla Ciccone, medico, ginecologa, in pensione, AOSG Moscati, Avellino, Italia

Valerio Gennaro, MD, PhD, Oncologo, epidemiologo ambientale, ex direttore del Registro Mesoteliomi Liguria, Genova, Italia

Colin Green, Professore di Scienze Chirurgiche, University College di Londra e Accademico dell'Accademia Nazionale delle Scienze dell'Ucraina

Brigitte Herremans, PhD, ricercatrice presso Justice Visions, Centro per i diritti umani, Facoltà di Giurisprudenza e Criminologia, Università di Ghent

Jon Jureidini, PhD MBBS FRANZCP, psichiatra infantile, Istituto di ricerca Robinson, Università di Adelaide, Australia

Lucio Nitsch, MD, Professore emerito di Biologia applicata, Università di Napoli Federico II, Italia

Alice Rothchild, MD, in pensione, Harvard Medical School, USA

Derek Summerfield, MD, King's College London, Regno Unito

Nozomi Takahashi, Dipartimento di Biologia Molecolare Biomedica, Università di Gand, Belgio

Gianni Tognoni, MD, Università di Milano, Italia e Tribunale Permanente dei Popoli

Guido Veronese PhD, Professore Associato in Psicologia Clinica, Dipartimento di Scienze Umane "R. Massa", Università di Milano-Bicocca

 

 

Traduzione a cura dell'Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus, Firenze