In nome degli interessi energetici e militari, i partiti politici italiani censurano la solidarietà con la Palestina, sia da destra che da sinistra.
di Elisa Brunelli
MondoWeiss, 23.09.2022
"Credi più nell'esistenza di Israele o degli alieni?".
È un semplice tweet di Raffaele La Regina, giovane candidato del Partito Democratico.
Quando il tweet fu pubblicato per la prima volta nel 2020, passò inosservato, fino a quando Il Giornale, il quotidiano di destra di proprietà della famiglia Berlusconi, lo ha riesumato il mese scorso. Il tweet ha scatenato una tempesta di polemiche nel dibattito politico italiano in vista delle prossime elezioni politiche, previste per il 25 settembre.
È da queste fazioni della destra italiana che sono arrivate le maggiori reazioni di condanna - anche dalle file di Fratelli d'Italia, che solo pochi giorni dopo è stato coinvolto in una polemica quando uno dei suoi candidati - che in passato ha avuto posizioni neofasciste - ha fatto una battuta sull'Olocausto.
Anche il Partito Democratico ha condannato il proprio candidato per il suo tweet. Il 20 agosto, il 29enne La Regina è stato costretto a scusarsi in una conferenza stampa per aver scritto anni prima dei tweet in cui denunciava l'occupazione illegale e violenta di Gerusalemme durante la Guerra dei Sei Giorni ed esprimeva solidarietà al popolo palestinese.
"Erano parole sbagliate. Non ho mai messo in discussione Israele come Stato e il suo diritto di esistere", ha detto sotto lo sguardo severo di Enrico Letta, ex Presidente del Consiglio e Segretario nazionale.

Nonostante le scuse, gli attacchi della destra non si sono fermati e il Partito Democratico ha preferito costringere La Regina ad abbandonare la corsa elettorale.
L'ex premier dell'Interno Matteo Salvini è andato oltre, dimostrando di seguire ancora le orme di Donald Trump: "Quando sarò al governo, riconoscerò la capitale di Gerusalemme e sposterò l'ambasciata da Tel Aviv", ha promesso in un'intervista a Israel HaYom.
Il segretario della Lega, insieme a Silvio Berlusconi, fa parte della coalizione di destra, pronosticata fin dall'inizio come vincitrice di queste elezioni e ora guidata da Giorgia Meloni. Tuttavia, la leader di Fratelli d'Italia sta mostrando maggiore cautela e ambiguità nelle sue dichiarazioni, soprattutto per quanto riguarda un possibile spostamento dell'ambasciata italiana a Gerusalemme.

Da molti mesi Giorgia Meloni sta portando avanti un'operazione di pulizia per prendere le distanze dagli elementi più compromettenti del suo partito. Nato dalle ceneri del Movimento Sociale Italiano, il partito è stato fondato da un ufficiale fascista e collaboratore dei nazisti, Giorgio Almirante.
Da un lato, la Meloni non può permettersi di scontentare il suo tradizionale elettorato razzista e nazi-nostalgico, ma dall'altro, dopo diversi anni trascorsi all'opposizione, ha ora bisogno di affermarsi come interlocutore credibile a livello nazionale e internazionale - e cambiare il suo atteggiamento nei confronti di Israele e delle sue politiche le sarà di grande aiuto per raggiungere questo obiettivo.
Nel caso della Meloni, basta vedere come ha cambiato la sua reazione ai massacri di civili nella Striscia di Gaza. Nel 2014, durante l'operazione "Protective Edge", la Meloni pubblicò sui suoi canali social media: "Un altro massacro di bambini a Gaza. Nessuna causa è giusta quando versa il sangue degli innocenti".
Un'altra strage di bambini a #Gaza. Nessuna causa è giusta quando sparge il sangue degli innocenti. #Israele e #Palestina #duepopoliduestati
— Giorgia Meloni 🇮🇹 ن (@GiorgiaMeloni) July 28, 2014
Il tono usato nelle dichiarazioni pubblicate durante l'aggressione del 2021 è stato significativamente diverso. In quel momento la possibilità di governare i faceva più concreta per Meloni, a causa dell'ennesima crisi che stava colpendo il precedente esecutivo.
"Il lancio di razzi da parte di Hamas contro Gerusalemme, Ashkelon e altre città è un attacco alla sicurezza di Israele che deve essere condannato senza se e senza ma", scrive ora la Meloni, cambiando registro.
Dopo aver ignorato l'ultimo massacro di agosto, ha finalmente dichiarato in una lunga intervista a Israel HaYom: "Israele rappresenta l'unica democrazia a pieno titolo in tutto il Medio Oriente e noi difendiamo senza alcuna riserva il suo diritto di esistere e di vivere in sicurezza. Credo che l'esistenza dello Stato di Israele sia fondamentale e Fratelli d'Italia farà ogni sforzo per investire in una maggiore cooperazione tra i nostri Paesi."
La benedizione di Israele
L'aggressione della Russia all'Ucraina e la richiesta ai Paesi europei di ridurre la loro dipendenza dalle importazioni di gas da Mosca sono solo le ultime ragioni per cui chi governa, o si appresta a governare in Italia, ha tanto bisogno di compiacere Israele, rendendo un tabù qualsiasi forma di solidarietà con i palestinesi.
Nel tentativo di sostituire le forniture di gas russo, Bruxelles ha trovato nuovi alleati in Israele e in Egitto con la firma dell'ultimo memorandum d'intesa. Anche la missione di giugno del primo ministro Mario Draghi aveva lo stesso obiettivo. In agenda c'è anche l'ipotesi di completare il gasdotto EastMed, un progetto da sei miliardi di euro annunciato nel 2020 con un accordo firmato tra Cipro, Grecia e Israele per la costruzione di un gasdotto di 1.900 chilometri che potrebbe collegare l'Italia attraverso il gasdotto Poseidon.

L'Italia ha bisogno di diversificare le proprie fonti energetiche e, allo stesso tempo, Israele manifesta la necessità di accreditarsi sui mercati internazionali. È quanto mi ha fatto notare il giornalista e scrittore Antonio Mazzeo quando l'ho intervistato per questo articolo: "In questo momento l'Italia e l'Europa guardano a Israele non solo per fiutare buoni affari, ma soprattutto per il ruolo di gendarme che ha nel Mediterraneo orientale, fondamentale per il controllo delle forniture energetiche".
Gli interessi che interagiscono sulle due sponde del Mediterraneo non si limitano solo alla crisi energetica, ma hanno origini ben precedenti.
L'Italia, in particolare, ha osservato da vicino Israele fin dalla sua creazione e il mercato delle armi è il campo in cui sono state costruite le fondamenta di una partnership grondante di denaro e sangue.
La prima spedizione di armi italiane risale al 1947, contribuendo alla guerra che ha dato il via all'occupazione dei territori palestinesi: "Da allora, più Israele bombarda, più l'Italia fa affari", ha detto Mazzeo. "Nessun governo si è mai posto il problema di fare accordi milionari con uno Stato belligerante: non solo tra Gaza e Cisgiordania, ma vere e proprie operazioni di guerra in Libano, Siria e Iran".
Nonostante una legge italiana del 1990 vieti la vendita di armi a Stati responsabili di violazioni dei diritti umani, Leonardo e Fincantieri, i due colossi nazionali della produzione militare, continuano a firmare accordi multimiliardari con Paesi colpevoli di crimini anguinosi - e Israele in questo gruppo gode di una sua corsia preferenziale.
Ignorando le decine di condanne delle Nazioni Unite contro Israele, i governi italiani, uno dopo l'altro, hanno rafforzato di giorno in giorno questa fatale partnership.
Il 23 luglio, pochi giorni prima dell'ultima aggressione a Gaza, quattro cacciabombardieri F-35 dell'Aeronautica Militare Italiana sono stati inviati nel deserto del Negev per partecipare all'esercitazione "Lightning Shield" (scudo fulmineo) con il 122° Squadrone Nachshon, una delle unità specializzate in guerra elettronica più avanzate al mondo, già impiegata da Israele durante gli attacchi in Siria.
Anche i caccia M-346, con cui vengono attualmente addestrati i piloti dell'aeronautica israeliana, sono prodotti da Leonardo SPA, che fornisce, tra l'altro, alle forze armate turche i micidiali elicotteri T129 "Atak", utilizzati per i massacri nei villaggi del Kurdistan e per attaccare le postazioni delle milizie YPG e YPJ.
"Non va mai dimenticato che gli F35 venduti a Israele da Leonardo possono trasportare testate nucleari: solo pochi mesi fa Israele ha simulato un attacco nucleare in Iran con i nostri F35", ricorda Mazzeo.
Allo stesso tempo, l'Italia investe ingenti risorse in tecnologie satellitari di produzione israeliana. "Prima di formalizzare le sue dimissioni, il governo Draghi ha concluso un accordo con le industrie militari israeliane", osserva Mazzeo. "L'accordo prevedeva l'acquisto di due sofisticati aerei da guerra di intelligence per un valore di circa 550 milioni di dollari, gravando le generazioni future di debiti di guerra".
Le importazioni e le esportazioni di armi, tuttavia, non sono solo affari, ma vere e proprie scelte politiche - nel 2021, lo Stato europeo ha registrato il record assoluto di esportazioni effettive, pari a quasi 4,8 miliardi di euro, e il più alto numero di missioni internazionali di sempre, pari a 44 (5 in più rispetto all'anno precedente), tutte in località strategiche di interesse energetico o militare.
Non solo un cliente
Israele, oltre a essere un cliente importante, fornisce un modello da seguire. Già nel 2011, potenti radar a microonde prodotti negli stabilimenti dello stato occupante sono stati installati all'interno di parchi e riserve naturali del Sud Italia per contrastare gli sbarchi di migranti. La direzione è quella intrapresa dalle agenzie europee FRONTEX ed EMSA. Il Comitato nazionale BDS ha riferito che i droni militari utilizzati durante i massacri di Gaza vengono ora impiegati per individuare ed attaccare i migranti.

Un ulteriore passo è stato compiuto lo scorso giugno. Leonardo ha acquisito RADA Electronic Industries Ltd, società israeliana leader nella fornitura di radar e software militari ad alta tecnologia. L'azienda italiana ha annunciato che la sua controllata statunitense, Leonardo DRS, e RADA hanno stipulato un accordo definitivo per la creazione di una nuova società pubblica, in cambio della cessione agli attuali proprietari di Rada di circa il 19,5% di Leonardo Drs.
Sembra quindi che la macchina da guerra israeliana sia riuscita a penetrare con successo in un apparato militare e politico straniero. Allo stesso tempo l'Italia mantiene importanti relazioni con Stati come Iran, Qatar, Turchia e Pakistan.
Il pretesto finale è quello di isolare Putin per la sua condotta criminale, ma in questo modo l'Italia continua a rafforzare le relazioni con Paesi con enormi contraddizioni in materia di rispetto dei diritti umani. Allo stesso tempo, l'Italia stessa continua a perseguire controverse politiche estrattiviste nel continente africano attraverso la sua azienda pubblica, l'Eni, che ha devastato il delta del Niger, o attraverso la sua recente missione militare in Mozambico in difesa di interessi energetici - per citarne alcune.
L'Italia fa affari anche con i suoi stessi nemici. Ma in fondo anche questo fa parte del modello israeliano.
Traduzione a cura dell'Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus, Firenze