In una serie di articoli su Haaretz lodevolmente riprodotti da Invicta Palestina, Gideon Levy ha scritto cose che conviene non dimenticare: “Non una goccia di sangue israeliano, non una sola casa distrutta e nessuna condanna dal mondo, nemmeno zoppa. Con un costo zero come questo, l’appetito per ulteriori operazioni aumenterà, ovviamente. Questa volta la solita arroganza è stata accompagnata dalla sensazione di una vittoria dolce e facile” (12/8/22) e precedentemente, nell’articolo del 8/8/22 “In Israele anche la sinistra è complice della guerra” aveva denunciato il sostegno all’operazione di guerra dato dalla segretaria del Partito Laburista prima ancora che da parte di esponenti della destra." Gli fa eco negli USA il gruppo liberal sionista J-Street con una dichiarazione di sostegno all’attacco a Gaza “Israele ha diritto di difendersi così come ogni altro paese”.Una migliore comprensione della società israeliana si può ottenere dall’articolo di Gideon Levy del 25 luglio scorso che di seguito riproduciamo.
Nella politica israeliana, non è questione di destra contro sinistra, ma di Ashkenazim contro Mizrahim (1)
Gideon Levy, 25 luglio 2022 https://www.haaretz.com/opinion/2022-07-25/ty-article-opinion/.premium/in-israeli-politics-its-not-right-vs-left-but-ashkenazim-vs-mizrahim/00000182-35eb-d7e9-af96-3dfb15700000
La politica israeliana è come una valigia con uno scomparto nascosto. La parte visibile mostra due campi principali, destra e sinistra. La loro frattura ideologica è comunemente descritta come profonda, lacerante e tempestosa, al limite della guerra civile. Ma è solo una facciata. La valigia politica ha un doppio fondo, che nasconde uno scomparto dove si gioca la vera partita.
Il gioco è ancora, sorprendentemente, il gioco etnico, il gioco dell'identità. La linea di confine più significativa in politica, così come nella società e nella cultura, è ancora quella che divide Occidente e Oriente. Non c'è frattura più profonda di questa, né più soppressa e negata. È sgradevole ammetterlo. È molto più comodo parlare di ideologia, della guerra di idee tra destra e sinistra classica, capitalismo e socialismo, liberali e conservatori, religione e laicità, sostenitori e oppositori dell'occupazione. Ma uno sguardo più attento rivela l'illusione: parliamo di una società lacerata e divisa, mentre le differenze sui temi centrali vanno da marginali a inesistenti.
Tutti sono sionisti, tutti sono più o meno a favore della continuazione dell'occupazione, tutti sostengono l'esercito e tutti sono a favore dell'aiuto ai poveri, la situazione è qualcosa del genere. Le differenze sono minime. Sotto di esse, è in corso una lotta per l'immagine di Israele che non è mai stata decisa: Occidente o Levante, Toscana o Atlante, Berlino o Istanbul. Questo antagonismo motiva anche la politica. Oggi è più lontano che mai dalla risoluzione.
In un gruppo, le cose sono aperte e chiare: gli ultraortodossi sono divisi tra Ashkenazim e Sephardim, senza alcuna zona grigia in mezzo. Quasi nessun Mizrahim vota per Agudat Israel - ex partito ultraortodosso - e nessun Ashkenazim vota per Shas - partito ultraortodosso basato sui Mizrahi. Gli ultraortodossi non si vergognano di questa situazione; negli altri campi non si è abbastanza onesti da ammetterlo. Chiunque provi a dire le cose come stanno, come ad esempio il giornalista Avishay Ben Haim, viene fatto oggetto di disprezzo e vergogna, soprattutto, ovviamente, da parte di quel campo che è meno a suo agio nel guardare la realtà negli occhi.
Con un'ampia generalizzazione - non c'è altro modo - possiamo dire che lo scontro nelle prossime elezioni riguarderà innanzitutto questa spaccatura. Non che non ci siano altre linee di divisione, ma una nuvola grigia aleggia su tutto quanto: Chi siamo? Molto prima di "cosa siamo?". Non c'è bisogno di essere Colombo per scoprire che il campo liberale, illuminato, almeno agli occhi propri, ricco e progressista - in breve, il centro-sinistra - è in gran parte ashkenazita. Non c'è bisogno di essere Einstein per concludere che la forza motivante dell'altro campo è innanzitutto costituito da generazioni che conservano un senso di discriminazione e frustrazione, oltre a una maggiore religiosità.
Ci sono, ovviamente, numerose eccezioni, che però confermano la regola. Tra i partiti a maggioranza ashkenazita, Meretz ha avuto Avi Buskila e Avi Dabush, Yesh Atid ha Meir Cohen e Yifat Shahsha-Biton è in New Hope. Soprattutto, l'ex primo ministro Benjamin Netanyahu, il leader dei declassati Mizrahim, è un ashkenazita certificato al 100%. I coloni e i loro sostenitori, la più forte forza di destra in Israele, confondono un po' i ranghi; la leadership e la maggior parte del campo sono ashkenaziti. Tuttavia, ora sono sfidati da Itamar Ben-Gvir, le cui credenziali Mizrahi sono una parte significativa della sua attrattiva, anche se lui lo nega. Bisogna sentire Jacob Bardugo - opinionista di destra per la Radio dell'Esercito di Israele - parlare degli ashkenaziti di destra, cosa dice di personaggi come il parlamentare Matan Kahana e il ministro delle Comunicazioni Yoaz Hendel, non solo per la loro partecipazione al governo.
Dobbiamo capire che, alla fine, la profonda identificazione con Netanyahu è la solidarietà tra coloro che si sentono vittime, almeno ai loro stessi occhi. Netanyahu è una vittima? I suoi sostenitori sono vittime? Questa domanda è secondaria. È sufficiente che si sentano tali, Netanyahu per quanto riguarda le questioni relative alla casa dei suoi genitori e le sue vicende giudiziarie, e i suoi sostenitori l suo pubblico per quanto riguarda la realtà delle loro vite.
La frattura non si rimarginerà con il tempo, ma si approfondirà. Non si tratta di fantasie , ma di considerare le cose come stanno. Contrariamente alle favole sull'assenza di divari socioeconomici e di discriminazioni, sul fatto che l'esercito è un crogiolo e che nelle famiglie vi siano matrimoni misti, le elezioni del 2022 saranno alla fine Ashkenazim contro Mizrahim, e viceversa.
(1) Askenazim sono gli ebrei di provenienza centro-est europea. Mizrahim sono gli ebrei di provenienza africana
Trad. a cura di Claudio Lombardi di Associazione di Amicizia Italo Palestinese