https://comedonchisciotte.org/la-vera-storia-della-creazione-di-israele/
DI ALISON WEIR
AntiWar.com
Parte 2
Il capo della divisione del Dipartimento
di Stato per gli Affari del Vicino Oriente, Gordon P. Merriam, allertò
sulla questione morale del piano di spartizione:
Il sostegno USA alla
spartizione della Palestina come soluzione a questo problema può
essere giustificato solo sulla base del consenso arabo e ebraico. Altrimenti,
dovremmo violare il principio di autodeterminazione scritto nel Patto
Atlantico, nella dichiarazione dell’ONU e nell’atto di fondazione
delle NU, un principio fortemente presente nella nostra politica estera.
Anche una sola determinazione delle NU a favore della spartizione sarebbe,
in assenza in tale consenso, una mistificazione e violazione del suo
patto di fondazione.
Merriem aggiunse che, senza consenso,
si sarebbero verificati “spargimenti di sangue e caos”, una
predizione tragicamente accurata.
Un memorandum interno del Dipartimento
di Stato predisse esattamente come Israele sarebbe sorta con un’aggressione
armata mascherata da azione difensiva
Gli ebrei saranno i
veri aggressori degli arabi. Nonostante ciò, reclameranno il fatto
di star semplicemente difendendo i confini di uno stato tracciato dalle
NU […]. Nel caso gli arabi venissero aiutati dall’esterno, gli
ebrei si rivolgerebbero al Consiglio di Sicurezza, dichiarando che il
suo stato è stato oggetto di un’aggressione armata e userebbero ogni
mezzo per oscurare il fatto che è
stata una loro aggressione che ha causato il contrattacco.
Il viceconsole americano William J.
Poter previde un’altra conseguenza del piano di spartizione: nessun
stato arabo sarebbe stato creato in Palestina.
L’influenza pro-Israele sui
membri dell’Assemblea Generale
Quando fu chiaro che la raccomandazione
per la spartizione non poteva ottenere i due terzi dei voti richiesti
dall’Assemblea Generale per l’approvazione, i sionisti pressarono
per una proroga della votazione. Poi, utilizzarono questo periodo di
tempo per convincere numerose nazioni a votare per questa raccomandazione.
Varie persone descrissero
successivamente questa
operazione.
Robert Nathan, un sionista che aveva
lavorato per il governo USA e che era particolarmente attivo nell’organismo
ebraico, scrisse successivamente: “Abbiamo usato ogni mezzo a nostra
disposizione”, per esempio dichiarare a certe delegazioni che
i sionisti avrebbe utilizzato la loro influenza per bloccare gli aiuti
economici a ogni nazione che non avrebbe votato dalla parte giusta.
Un altro sionista dichiarò con orgoglio: “Ogni pista fu meticolosamente analizzata
e utilizzata. Anche la più piccola o la più
lontana delle nazioni fu contattata e corteggiata. Nulla fu lasciato
al caso.”
Il finanziere e consigliere presidenzialedi lungo periodo Bernard Baruch
disse che la Francia avrebbe perso l’appoggio
degli Stati Uniti se avesse votato contro la spartizione. L’Assistente
Operativo alla Casa Bianca, David Niles, organizzò una pressione sulla
Liberia tramite il magnate della gomma Harvey Firestone, che disse al
presidente liberiano che, se non avesse votato a favore della spartizione,
avrebbe annullato il suo piano d’espansione economica. La Liberia
votò a favore.
Ai delegati dell’America Latina fu
detto che il progetto di costruzione dell’autostrada pan-americana
sarebbe stato accettato più facilmente se avessero votato sì. Le mogli
dei delegati ricevettero pellicce di visone (la moglie del delegato
cubano la restituì); il presidente della Costa Rica, Josè Figueres,
ebbe un assegno in bianco. Ad Haiti fu promesso un aiuto economico se
avesse cambiato il suo voto iniziale di opposizione alla spartizione.
Felix Frankfurter, membro sionista
di lungo corso della Suprema Corte di Giustizia, assieme a dieci senatori
e al consigliere domestico di Truman, Clark Clifford, minacciò le Filippine
(sette sentenze pendevano sulle Filippine al Congresso).
Prima del voto, il delegato filippino
aveva pronunciato un appassionato discorso contro la spartizione, difendendo
l’inviolabile “diritto primordiale della popolazione a determinare
la propria politica futura e a preservare l’integrità
territoriale della loro terra nativa”.
Continuò dicendo che non poteva
credere come l’Assemblea Generale avrebbe potuto sancire un fatto
che avrebbe rimesso il mondo “sulla strada dei pericolosi principi
dell’esclusività razzista e degli arcaici documenti dei governi teocratici”.
Ventiquattro ore dopo, per l’intensa
pressione sionista il delegato votò a favore della spartizione.
La delegazione USA alle NU fu così
indignata quando Truman insistette nell’appoggio alla spartizione,
che il direttore del Dipartimento di Stato per gli Affari NU fu mandato
a New York per evitare che i delegati rinunciassero in massa.
Il 29 novembre 1947 venne approvata
la risoluzione 181, quella della spartizione. Nonostante sia spesso
citata, il suo impatto legale (se poteva essercene uno) fu limitato
. Le Risoluzioni dell’Assemblea Generale, diversamente da quelle del
Consiglio di Sicurezza, non sono legate agli stati membri.
Per questa ragione, la risoluzione necessitò che “il Consiglio di Sicurezza
prendesse le misure necessarie per fornire al piano la sua implementazione”,
cosa che il Consiglio non fece mai. Legalmente, la risoluzione dell’Assemblea
Generale fu solo una raccomandazione e non creò nessuno stato.
Quello che fece, comunque, fu incrementare
i conflitti palestinesi.
Con il passare dei mesi (e prima che Israele
avesse pianificato l’inizio della guerra di fondazione), i sionisti
avevano obbligato 413.794 persone a uscire dal paese.
Le unità militari sioniste si erano preparate di nascosto per la guerra
prima del voto dell’ONU e avevano comprato armi in notevole quantità,
alcune grazie a una vasta rete di operazioni militari illegali all’interno
degli Stati Uniti sotto gruppi di facciata.
L’ONU riuscì a creare un provvisorio
e molto parziale “cessate il fuoco”. Un mediatore svedese all’ONU,
che aveva precedentemente salvato migliaia di ebrei dai nazisti, fu
mandato a negoziare la fine delle violenze. Gli
e Israele continuò quella che fu chiamata “guerra d’indipendenza”.
Alla fine di questa guerra, grazie
a una forza militare superiore a quella degli avversari e alla spietata
applicazione di tattiche per espellere la maggior quantità possibile
di non ebrei, Israele venne in possesso del
Furono perpetrati almeno 33 massacri
di cittadini palestinesi, la metà di questi prima che un singolo
plotone arabo entrasse nel conflitto; centinaia di villaggi furono svuotati
e rasi al suolo e fu incaricata una
dare a ogni città, villaggio, fiume e collina un nuovo nome ebraico.
Tutte le vestigia di insediamenti, storia e cultura palestinese furono
cancellate dalle storia, uno sforzo che ha quasi raggiunto il suo scopo.
Israele, che si dichiara l’“unica
democrazia del Medio Oriente”, decise di non dichiarare i confini
ufficiali o scrivere una costituzione, una situazione che continua ancor
oggi. Nel 1967 si appropriò ai ancora altra terra palestinese e siriana,
ora territorio occupato illegalmente, fino a che l’annessione della
terra conquistata con la forza militare non fu posta fuori legge dal moderno
Israele ha continuato una campagna di crescita, acquisizione e confisca
illegale di territorio attraverso l’uso dell’esercito, che dura
tuttora.
Ogni israeliano, come ogni palestinese,
è legalmente e moralmente titolare di un numero di diritti umani.
Dall’altro lato, il decantato “dirittodi esistere” dello stato israeliano
è basato su un presunto “diritto”derivato dalla forza, un concetto
arcaico che le convenzioni legali internazionali non riconoscono
e che, di fatto, proibiscono in modo specifico.